giovedì 16 aprile 2009

Il Colore Bianco

Londra 2005, è il primo giorno, e la famiglia che mi ospiterà, mi invita ad andare al parco a godere della bella giornata primaverile: accetto immediatamente. Al parco si accede da un modesto cancello passando sotto alcuni fitti alberi che non fanno filtrare che pochi raggi di sole. I bimbi della mia ospite saltano dalla felicità e corrono avanti, io più cauto guardo gli scoiattoli a pochi passi finchè dietro una curva del sentiero mi si apre davanti uno spazio di un verde splendente, tanta gente e tanto sole, parco giochi per i bimbi, bar e tavolini, sdraio per il sole, aquiloni, campo da cricket, divise bianche.

Londra centro, esco dalla metro che aveva appena finito di piovere e per strada ricordo un ragazzo seduto ad un tavolino di un bar: avrà avuto 20 anni e indossava un tre pezzi bianco latte, parlava fitto fitto con un amico tenendo la giacca appoggiata sulle gambe accavallate. Assorto nella conversazione non si curava dei lembi che formavano un piccolo strascico sull’asfalto bagnato.
Per strada e nella tube, col freddo e con il caldo, andando al lavoro o nel dopo ufficio: bianco, bianco, bianco. Affatto affettato o piacione, il colore si presta a mille abbinamenti tutto l’anno, con la consapevolezza che in fin dei conti è facile da portare, senza ansia da fango, grasso, cibo o altro: tanto comunque dopo un paio di utilizzi al massimo va lavato, meglio goderselo.

Ora, chiamatelo understatement, chiamatela disinvoltura, il ragazzo era tutt’altro che scosso: imperturbabile, continuava a prestare attenzione al suo interlocutore. Che in fondo, è la cosa più importante.

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